L’esempio dei fratelli maggiori (Auguri, EAA)

La Experimental Aircraft Association (EAA) ha festeggiato il suo 70° anniversario e la ricorrenza sarà ricordata tutto l’anno con diverse iniziative dei singoli Chapter. Fondata da Paul Poberezny, l’associazione si incontrò per la prima volta il 26 gennaio 1953 in quello che allora era l’aeroporto Curtiss-Wright di Milwaukee, nel Wisconsin, e dai primi 36 soci appassionati di aviazione, tutti residenti in quell’area degli Stati Uniti, oggi l’organizzazione è cresciuta fino a raggiungere il considerevole numero di 270.000 membri e 900 delegazioni locali. La EAA oggi somiglia più a un’azienda che a un’associazione, ha bilanci di milioni di dollari e non è un caso che il presidente del consiglio di amministrazione sia Jack Pelton, che prima di questo incarico era il numero uno di Cessna, e prima ancora il capo dell’ingegneria di Fairchild-Dornier, provenendo nientemeno dalla McDonnel-Douglas.

Un uomo senza dubbio appassionato. Non che la sua carriera sia stata scevra da errori, ricorderete la travagliata storia del C-162 Skycatcher con cloche ad ombrello (si muoveva lateralmente senza inclinarsi, come la manetta dei tram), il cui primo esemplare Jack regalò alla moglie, per poi doverlo ritirare per effettuare le modifiche alla coda (aveva problemi di rimessa dalla vite), e ancora ricordiamo il fallimento del programma per il quale Lycoming produsse per un breve periodo persino un motore apposta, lo O-233. Un disastro che vide le fusoliere fatte e smaltite in Cina mettendole nella trituratrice.

Ebbene, Pelton da capo della EAA e in occasione dei 70 anni del movimento ha ricordato le parole di Poberezny, il quale diceva spesso che non si sarebbe mai aspettato che questo piccolo club di piloti di Milwaukee diventasse quello che è oggi, ma che: “Ha attinto a un’aspirazione fondamentale, la libertà di volare”. Dice Pelton: «Per sette decenni EAA ha permesso alle persone di perseguire con passione quel sogno con immaginazione e innovazione, poiché hanno trovato spiriti affini che hanno creato un movimento aeronautico che non ha eguali nella storia del volo».

Nel nostro piccolo (paese, associazione, flotta), non possiamo lamentarci; tuttavia, è umano chiederci come ci evolveremo noi del CAP nei prossimi due decenni, se la nostra crescita in termini di soci e velivoli sarà come quella degli ultimi dieci anni, o se le sempre più soffocanti normative che vengono imposte all’aviazione generale e sportiva non finiranno per soffocarci. Perché mentre noi costruiamo e voliamo, ricordatelo sempre, c’è chi vorrebbe creare corridoi e rotte riservate a droni e taxi volanti, o comunque non pensa a noi come a una risorsa ma come a un fastidio.

Ma i fratelli maggiori della EAA possono darci motivi ed essere da esempio. Gli Stati Uniti rimangono The Aviation Nation; la sola EAA vede iscritti i proprietari di oltre 10.000 aeromobili e ospita al suo raduno Airventure di Oshkosh oltre 600.000 partecipanti ogni anno. Con il programma Young Eagles, nel 2022 l’associazione di Pelton ha portato in volo gratuitamente più di 49.000 giovani. E nella sua storia ha avuto testimonial come l’attore Harrison Ford. Sono più bravi? Non credo. Invece, credo che gli americani abbiano interlocutori più affidabili e positivi come la FAA e personaggi noti disposti a metterci la faccia, laddove noi abbiamo ENAC e – per la promozione – dovremmo avere AeCI. Scusate il condizionale, ma a parte il passato remoto, presente e futuro della più antica istituzione aeronautica italiana non mi permettono ottimismo. Come la vicenda della scuola di volo fermata, e poi limitata, perché utilizzerebbe un motore a due tempi non più in produzione. Chi glielo dice che negli USA volano aeroplani con motori Jacobs, Wright, Pratt& Whitney e Continental radiali, soltanto per citare alcuni? Abbiamo due decenni per fare la rivoluzione.

Sergio Barlocchetti

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