Voliamo alto, vale la pena
Scrivo mentre sul piazzale dell’aeroporto di Reggio Emilia si sta ancora svolgendo il nostro raduno nazionale. Su quanto è accaduto, sui vincitori e gli eventi che lo hanno animato potrete leggere l’articolo di Marco Iarossi sul prossimo numero, mentre in questo momento desidero riportarvi alcune considerazioni a caldo riguardanti la “competizione” per l’assegnazione dei trofei Rotondi, Aldinio e Caproni.
Spesso ci hanno accusati di essere molto severi, esigenti e rigidi riguardo i regolamenti tecnici e le caratteristiche degli aeroplani autocostruiti. Ebbene: il livello delle realizzazioni presentate a Reggio Emilia oggi è altissimo. Appena posso evito i superlativi, stavolta però la Commissione ha esaminato aeroplani fatti davvero molto bene. Si sa, nelle gare qualcuno deve vincere, qualcuno sfiora la vittoria, altri si rivelano non proprio all’altezza, mentre in questo caso ogni velivolo in concorso era un esempio di lavoro d’alta qualità. Al punto che, a fare la differenza nel punteggio, è stato un valore derivante dal fatto che un autocostruttore abbia o meno lavorato personalmente al posto di delegare la realizzazione a terzi, i quali, seppure bravissimi, non possono avere la visione, né dimostrare di aver compreso la mentalità aeronautica, al posto del titolare del Permesso di Volo. Non siamo perfetti: in due casi, su aeroplani candidati al trofeo Rotondi, abbiamo riscontrato la mancanza di una spia d’allarme di bassa pressione dell’olio motore indipendente dal Primary Flight Display. Che ormai si tratti di un’indicazione “superata come la bussola” si può discutere, del resto sono tanti i velivoli certificati che non l’installano più a pannello confidando nella ridondanza dell’EFIS, ma questo non è l’unico esempio e, comunque, i nostri regolamenti tecnici sono stati scritti pensando ad aeroplani semplici. Un altro tormentone: la Commissione ha trovato ancora una scatola dell’aria calda in alluminio, seppure nel regolamento di riferimento sia specificato (da anni), che sugli aeromobili a pistoni del CAP essa debba essere in acciaio.
Le piccole “magagne” non fanno vincere o perdere un trofeo (simbolico), mentre una paratia parafiamma con buchi aperti, l’uso di fascette da elettricista per bloccare oggetti nel vano motore e l’uso di un materiale non idoneo fanno la differenza. Un terzo caso ha riguardato l’installazione di un tubo per l’aria (quelli arancioni con filo metallico), del tipo a doppia parete al posto di quelli a parete singola. Purtroppo alcuni incidenti sono avvenuti poiché il calore ha fatto collassare il rivestimento interno, questo si è afflosciato ostruendo la conduttura e provocando lo spegnimento del motore. Certo, questi possono essere dettagli e notizie che non si conoscono, ma se non dal pilota, certamente l’Incaricato per la Sorveglianza Tecnica dovrebbe segnalarle al costruttore per la sua sicurezza, non per il premio.
E ora le lodi. Restaurare un residuato bellico è meritevole, porre attenzione e precisione anche alla ricostruzione della storia dell’aeroplano e del suo pilota è fattore meritevole di punteggio. Soprattutto quando da cercare non è tanto la vita operativa dell’aeroplano quanto le vicende umane di un soldato. Usare tempo e soldi per sapere chi fosse, in quali teatri e battaglie ha pilotato, perché gli ha dato proprio quel nome, è il migliore modo di onorare la persona. Quanto alla tecnica e all’esecuzione dei lavori, tutti gli aeroplani esaminati hanno rivelato una verniciatura perfetta, dettagli pregevoli, taluni al limite del commovente. Abbiamo visto interni curati con finiture pregiate, dotazioni da velivoli di prestazioni e categorie superiori. Tutto questo merita un applauso per tutto il CAP indipendentemente dal ruolo di ognuno. Non ultime, meritano un grande ringraziamento le persone che ci hanno consentito di rischierarci rapidamente presso l’Aeroclub di Reggio Emilia dopo la debacle di Voghera, dunque un grazie enorme va a due donne che ci seguono, sopportano, organizzano e aiutano – talvolta ci sgridano – le infaticabili Ivana e Francesca. E a tutti i volontari che hanno dato il loro contributo.
Non siamo perfetti, c’è ancora tanto da migliorare, a cominciare dal dare un aiuto concreto al Responsabile Tecnico che, con una flotta gestita prossima a 300 velivoli, ormai si trova a curare mediamente sette rinnovi di PdV al mese. Con carte da leggere che ancora troppo spesso sono compilate con troppa imprecisione e leggerezza. A nessun pilota piace fare la carta, ma è ancora l’unico sistema mediante il quale opera la nostra Autorità aeronautica nazionale. Unica grande assente del nostro Raduno nazionale 2025. Procedure, pratiche e istanze devono divenire più semplici e rapide, ma affinché ciò avvenga dobbiamo impegnarci tutti.

Prima di lasciarvi una bella notizia: i ragazzi che hanno frequentato lo stage settimanale nei giorni precedenti al raduno si sono appassionati e hanno dimostrato interesse e capacità. Ciò fa sperare in un futuro anche per le costruzioni aeronautiche amatoriali. Dalle quali è possibile far crescere le proprie competenze fino a divenire professionisti. Grazie anche a voi, ragazzi, continuate, anzi esigete, di volare alto.
Sergio A. Barlocchetti

